SCIENZA & NATURA

Clima, oceani e biodiversità. La tutela dell’ambiente entra nella Costituzione italiana

Un approfondimento della dottoressa Angela Gadducci

Nella suggestiva cornice del Giardino di Palazzo Blu a Pisa in occasione della mostra fotografica in esposizione fino al 4 settembre dal titolo “Explor. Oceani, ultima frontiera” curata da Marco Cattaneo Direttore di National Geographic Italia e dedicata alle fantastiche creature degli abissi, giovedì 14 luglio si è svolto l’incontro dal titolo “Sulla stessa barca. La tutela dei mari tra crisi climatica e altre minacce” moderato dallo stesso Cattaneo, sulla scia degli esiti della Conferenza sugli oceani delle Nazioni Unite conclusasi a Lisbona il 1° luglio con l’adozione di una dichiarazione di intenti da parte dei leader mondiali tesa a promuovere azioni per la salvaguardia degli oceani dal rischio di inquinamento marino, perdita di biodiversità e acidificazione delle acque.

Il  Presidente della Fondazione Palazzo Blu, Cosimo Braccitorsi, ha aperto la serata e dopo aver recato alla platea i consueti saluti di benvenuto ha introdotto gli ospiti: il Dott. Marco Cattaneo, moderatore dell’evento, la D.ssa Serena Giacomin, fisico dell’atmosfera, climatologa e meteorologa, Presidente dell’Italian Climate Network, e la D.ssa Mariasole Bianco, biologa marina e Presidente di Worldrise.

Il focus dell’attenzione si è concentrato su una tematica di grande spessore scientifico oltreché di scottante attualità: il riscaldamento globale del Pianeta e le sue ripercussioni sull’ecosistema dei nostri mari con particolare riguardo agli effetti del cambiamento climatico nel Mediterraneo.

Prendendo le mosse dalla 4^ ondata di caldo anomalo che sta arroventando l’estate 2022, un’estate iniziata prematuramente nel mese di maggio con punte di 40°, la D.ssa Bianco ha fatto rilevare che quando si parla di cambiamento climatico, solitamente si tende a volgere lo sguardo verso l’alto, all’atmosfera, o verso il basso, al suolo che calpestiamo, senza che la nostra prospettiva si spinga verso il mare. Eppure il 71% della superficie del Pianeta è ricoperto di acqua, e gli oceani costituiscono la linfa vitale del nostro ecosistema, essendo indispensabili per l’ossigenazione degli organismi viventi e la regolazione del clima della Terra.

Purtroppo l’intero ecosistema marittimo sta subendo una veloce trasformazione a causa del riscaldamento globale: finché saranno emessi gas inquinanti (gas serra), le temperature continueranno a salire e i nostri oceani diventeranno sempre più caldi. L’assorbimento, da parte degli oceani,  del 93% del calore terrestre e di circa il 40% di tutta la CO2 emessa ogni anno nel mondo dalle attività antropiche, contribuisce ad innescare processi di acidificazione: provocando alterazioni della struttura chimica delle nostre acque, l’acidificazione mette a rischio numerose specie di fauna marittima che non riescono ad adattarsi alle temperature più alte. Un esempio lampante è costituito dal degrado di habitat marini fragili come le barriere coralline, da cui il fenomeno di sbiancamento dei coralli (i coralli, sottoposti a stress termico, perdono le alghe unicellulari che vivono nei loro tessuti, responsabili non solo del loro fabbisogno energetico ma anche della brillantezza dei loro colori).

Oltre a ciò -prosegue la D.ssa Giacomin- le acque oceaniche più calde aiutano a sovraccaricare tempeste, uragani e piogge estreme, che determinano l’innalzamento del livello del mare alimentando il rischio di gravi inondazioni. Con il crescente aumento della temperatura globale, gli impatti climatici diventano sempre più dannosi per le persone e l’intero Pianeta: molte specie marine sono a rischio estinzione e anche il cosiddetto ‘nastro trasportatore’ mediante il quale le correnti oceaniche fungono da termoregolatore della Terra, sembra sul punto di incepparsi. Se questo accadesse, il Pianeta subirebbe conseguenze gravissime che già cominciano ad affacciarsi anche da noi. Il mare nostrum ne è un esempio.

Negli ultimi anni sono stati rilevati 4-5 gradi in più rispetto alla sua temperatura normale, come se il Mediterraneo non riuscisse più a svolgere la sua funzione termoregolatrice. Ecco perché si sente parlare del Mediterraneo come di un mare tropicalizzato. Non solo le acque superficiali si sono velocemente riscaldate, diventando peraltro più salate, ma il surriscaldamento ha fatto registrare un record di calore fin oltre 2000 m di profondità e ciò comporta un grave rischio per gli ecosistemi del suo bacino: alcune specie native stanno spostando i propri areali verso nord per seguire le acque più fredde, altre specie endemiche sono spinte sull’orlo dell’estinzione, mentre sono ormai presenti innumerevoli specie invasive aliene, tipiche dei mari tropicali -la maggior parte delle quali sopraggiunte dal Mar Rosso o dall’Oceano Indiano attraverso il Canale di Suez- la cui sopravvivenza e diffusione sono favorite appunto dall’aumento della temperatura media dell’acqua dovuta ai cambiamenti climatici.

Prevenzione e adattamento -conclude il Dott. Cattaneo- sono oggi i due imperativi categorici: occorrono azioni urgenti e significative, sia per ridurre ulteriori emissioni di gas serra, sia per adattarsi alle nuove condizioni offerte da un mare sempre più caldo. E qui la natura, grazie al suo potere rigenerativo, gioca un ruolo decisivo: l’iniziativa “30X30 A blueprint for ocean protection” frutto della collaborazione tra i principali accademici delle Università di York, di Oxford e di Greenpeace, prevede che il prossimo obiettivo sia quello di proteggere entro il 2030 almeno il 30% delle acque del mondo. Questa soluzione strategica sulla biodiversità consente di progettare una rete di aree oceaniche protette su scala planetaria, di fondamentale importanza per salvaguardare la fauna selvatica e contribuire a mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici. Purtroppo non esiste un modo rapido per sconfiggere il cambiamento climatico. Anche con un’immediata e sistematica azione globale di riduzione delle emissioni di gas serra, le temperature continuerebbero a posizionarsi su livelli molto alti ancora per anni con conseguenti fenomeni di siccità, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello dei mari. Quello che, invece, possiamo e dobbiamo fare è ridurre la pressione antropica e incrementare la resilienza: ecosistemi in salute e una biodiversità ricca sono la nostra miglior difesa in un mondo che si prospetta sempre più caldo. Questa ambiziosa sfida per il futuro del clima ci ricorda che dobbiamo ripristinare il nostro Pianeta, proteggendolo e prendendocene cura con azioni individuali, collettive e trasformative, perché i problemi della Terra, vista dagli scienziati come entità unica, potranno essere risolti solo grazie ad interventi cooperativi, anche se, in questo momento, la previsione di un’umanità coesa e animata da spirito di fratellanza, sembra confliggere con le varie situazioni di guerra in atto, sostenute da logiche di difesa dei confini nazionali.

Ritengo che il nodo della questione possa essere sciolto dall’effettiva volontà di plasmare il Paese del futuro trasformando la nostra società in quella in cui vorremmo vivere, una società fondata su pace, libertà, rispetto e solidarietà, una società resiliente agli eventi shock con cui inevitabilmente continuerà a scontrarsi negli anni a venire e in grado di offrire un ambiente sano e sereno per tutti. Perché pace non è soltanto il contrario di guerra: pace richiama anche l’armonia dell’uomo con se stesso, con gli altri e con la natura. Si tratta di un processo volontario e consapevole, individuale e collettivo teso alla costruzione di quelle condizioni che consentirebbero agli individui di poter essere rispettati nelle proprie diversità, di poter accedere alle risorse naturali e contribuire alla crescita armonica delle società con modalità sostenibili rispetto al proprio ambiente di vita. La cornice valoriale di questo principio è sostenuta dalla recente riforma costituzionale varata l’11 febbraio scorso: sei mesi fa la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il Disegno di legge che prevede la modifica degli articoli 9 e 41 della Carta costituzionale.

Mentre la modifica dell’art. 41 in materia di iniziativa economica privata, pone, rispetto a quelli già esistenti, nuovi limiti in modo che l’economia non possa “recare danno alla salute, all’ambiente”[1], con l’introduzione di un nuovo comma all’art. 9 della Costituzione, con cui viene approfondito il principio di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi[2], tutti i destinatari -decisori politici, giovani, gente comune- sono posti di fronte a nuove e complesse azioni di responsabilità, perché salute e ambiente sono paradigmi interdipendenti da tutelare, e la salute del Pianeta, da cui discende il benessere dell’umanità, riguarda in prima persona ciascuno di noi. Nella sua versione originaria, l’art. 9 richiamava la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, ma l’ambiente non veniva espressamente nominato se non nelle materie di esclusiva competenza statuale ove è prevista la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”[3]. Dopo anni di proposte, discussioni parlamentari e dibattiti giuridici, tali tutele entrano oggi di diritto tra i principi fondanti della nostra Repubblica come un valore primario costituzionalmente protetto, in linea con la politica europea[4].

Ma il novellato art. 9, oltre a rappresentare un passaggio imprescindibile per un Paese come l’Italia che sta affrontando la propria transizione ecologica, ha una portata ben più ampia dell’orizzonte delineato dalla normativa europea. L’aspetto innovativo sta proprio nel fatto che il Disegno di riforma costituzionale è stato formulato “anche nell’interesse delle future generazioni”[5]. Il fatto di rivolgersi alle generazioni a venire rappresenta una conquista fondamentale che ci permette di avviare iniziative sempre più ambiziose per proteggere il nostro Pianeta e consegnarlo, rinnovato e accessibile, a coloro che verranno.

Prof.ssa Angela Gadducci

Note
[1] Costituzione italiana, art. 41. Di seguito, il nuovo testo dell’art. 41, articolato in 3 commi: la riforma
prevede l’introduzione di alcuni ‘incisi’, riportati in corsivo.
 L’iniziativa economica privata è libera.
 Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
 La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica
pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.
[2] Costituzione italiana, art. 9. Di seguito, il nuovo testo dell’art. 9, articolato in 3 commi: il terzo
comma, introdotto dalla riforma, è riportato in corsivo.

  1. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
  2. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
    3. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future
    generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
    [3] Costituzione italiana, art. 117 c. 2 lett. s).
    [4] Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Nizza 2000, art. 37; Trattato sul
    Funzionamento dell’Unione europea, 2009, art. 191.
    [5] Agenda 2030, ONU, New York 25 settembre 2015.
    Ringraziamenti
    Il presente articolo è stato scritto e curato dalla Prof.ssa Angela Gadducci sulla base delle
    informazioni divulgate da:
    Dott. Marco Cattaneo;
    D.ssa Serena Giacomin;
    D.ssa Mariasole Bianco.
    Un ringraziamento particolare al Presidente della Fondazione Palazzo Blu, Cosimo Braccitorsi, per la
    sua cortese accoglienza.

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